Estratto dalla tesi di Baccellierato di Sebastiano Testa.
Nella redazione di questa tesi di ambito esegetico c’è un po’ il riassunto di tutta l’esperienza vissuta nel corso degli studi di teologia. Innanzitutto, l’interesse per lo studio e la conoscenza della Sacra Scrittura, cresciuto nel corso di questi anni, è stato il motivo di fondo; ad esso si è unito ancheil piacere di approfondire alcune tematiche, particolarmente care al Vangelo secondo Giovanni, letto sia come opera a sé stante, sia come opera inserita all’interno del Corpus Johanneum, sia soprattutto come “Buona Notizia” e come parte del canone delle Scritture. L’esegesi, nel corso dei secoli, ha perlopiù sottolineato le peculiarità del QV, evidenziando spesso le sue differenze rispetto all’opera sinottica. Questo ha portato a pensare a Giovanni come un’evangelista dal tono più spirituale, simbolico, in alcuni casi anche più credibile dal punto di vista storico.
Sarebbe tuttavia riduttivo pensare a Giovanni solo sotto questo aspetto: ogni pagina del suo Vangelo, dal Prologo alla doppia conclusione dei capitoli 20-21, trasuda di un messaggio di amore, di fede, di contemplazione di un mistero, che egli esprime lapidariamente nel v. 1,14: ΚαὶὁΛόγος σὰρξ ἐγένετο καὶἐσκήνωσεν ἐν ἡµῖν. Cosa impensabile per la concezione divina del popolo d’Israele, il divino entra a far parte della storia umana e lo fa con la σὰρξ, con la caducità della “carne”, per permettere all’uomo di ritrovare sé stesso. In questa volontà divina c’è tutto lo “scandalo” della Croce, la condivisione del divenire tra il Λόγοςe l’umanità, quella realtà ferita dal peccato alla quale il Messia dice: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,2). Giovanni testimonia la volontà di Dio di immergersi nella storia dell’umanità, di “porre la tenda” e fissarla in maniera definitiva. Dio, ci dice l’evangelista, è entrato nella mia storia, nella tua storia, nella nostra storia e l’ha vissuta; ha portato con sé la σὰρξper “fare nuove tutte le cose”.
Il Vangelo secondo Giovanni è un continuo fluire di incontri –Giovanni Battista, i discepoli, Nicodemo, la donna di Samaria, il paralitico, l’adultera, il cieco nato, Lazzaro, –di eventi –banchetti nuziali, festività, –ma soprattutto di fede o rifiuti. L’evangelista, inoltre, dà ampio risalto all’aspetto rivelativo: ogni incontro, ogni evento, ogni persona sono legati da un σημείον, che suscita o approvazione (i discepoli a Cana, le folle dopo la moltiplicazione dei pani, i Giudei che credono dopo la risurrezione di Lazzaro), oppure netto rifiuto (i discepoli che abbandonano Gesù dopo il discorso sul pane, i capi che ne decidono la morte dopo la risurrezione di Lazzaro). Ogni persona che entra in contatto con Gesù e fa esperienza di lui e con lui non è più la stessa di prima.
Chi fa esperienza di Gesù sente il bisogno di offrire la propria μαρτυρία: il primo testimone è Giovanni Battista, “l’amico dello sposo” che, come un tempo nel grembo materno (Lc 1,39-45), esulta di gioia alla “voce dello sposo”. Il tema della gioia è caro all’evangelista: è la gioia della comunità che ha “contemplato la sua gloria”, è la gioia dei discepoli che “vedono” il Risorto, è la gioia di Tommaso che può toccare le piaghe glorificate sotto il sole della Pasqua. L’Emmanuele non è più il Dio che si mostra solo di spalle, ma è un Dio di cui si contempla la gloria, un Dio che parla e la cui Parola può essere compresa ed accolta. È un Dio che vuole “convolare a nozze” con il suo popolo, al quale vuole offrire il “vino” della sua Parola e della sua presenza, un Dio che ci invita alle nozze con la sua “Sposa”.
E proprio da questa considerazione è scaturito l’interesse particolare per la pericope delle nozze di Cana, uno dei brani evangelici più letti e noti, ma del quale spesse volte non si riesce a percepire la grandezza del messaggio e le note più profonde. Chi si accosta per la prima volta alla lettura di questo brano, vi intravede semplicemente il racconto di uno dei tanti banchetti nuziali di due millenni fa: un normale contesto di festa, alla quale partecipa anche Gesù con sua madre, che rischia di essere rovinato perché è finito il vino, e che Gesù salva all’ultimo momento compiendo un miracolo. Ad una lettura più profonda, però, non è questo l’unico o il principale messaggio che Cana ci consegna: i personaggi presenti non sono lì per caso; quelli assenti, non sono assenti per caso; persino il giorno della festa non è casuale, come la tempistica dell’evento prodigioso.
Si percepisce qualcosa di più grande di una semplice festa nuziale, qualcosa di più profondo e di più intimo. E questo ci aiuta a capire perché l’evangelista non parli semplicemente di “miracolo”, ma di “segno”. Tutto il suo Vangelo è costruito sul senso da dare al termine “segno”; in più, di Cana si dice che sia il “primo” di questi segni, che ha prodotto come effetto la manifestazione della “gloria”, che viene offerto un “vino buono”, migliore di quello di prima. Scopriamo così che Dio si rivela in maniera inaspettata in una relazione, spiegata e intessuta dal suo Figlio unigenito. Il banchetto di Cana si svolge interamente sotto il segno della “relazione”: quella rinnovata tra “madre” e “Figlio”, quella inedita con i discepoli, quella altamente simbolica con i servitori. Cana è un evento che ci parla sotto tre punti di vista –quello di Gesù, quello di Maria e quello della comunità –che fra loro non sono in contraddizione, ma in reciproca concordanza. Inoltre, non possiamo comprendere il segno di Cana senza volgere l’attenzione al messaggio generale di tutto il Vangelo “secondo” Giovanni, attraverso temi, espressioni e immagini che ritroveremo in altri passi del Vangelo stesso, fino ad allargare l’orizzonte sia ad altri scritti del NT, sia all’AT, del quale Cana offre una rilettura illuminata dalla presenza di Cristo.
La rilettura cristologica del segno di Cana parte dalla constatazione che in quel banchetto nuziale confluiscono le attese e le speranze di secoli, nei quali il popolo d’Israele ha letto e riletto il suo rapporto con Dio nei termini di alleanza ed elezione; un’alleanza spesso rotta a causa dell’infedeltà e dell’idolatria, per un appiattimento sui rapporti umani a scapito di quelli divini, per l’incapacità di perseverare nella fedeltà a Dio. Ma la storia d’Israele ci insegna anche che Dio non si è mai dimenticato del suo popolo e si è sempre mostrato misericordioso verso coloro che tornavano alui. Rileggere il segno di Cana alla luce dell’AT è l’obiettivo primario di questo lavoro, che non ha la pretesa di essere esaustivo e completo; d’altronde, la Parola di Dio si apre continuamente a nuove riletture e a nuovi spunti, proprio perché è una parola viva e penetrante, capace di toccare i cuori nonostante sia ormai una parola che porta il peso di secoli di stesure, traduzioni, interpretazioni e trasmissioni.
Cana si inserisce come un passaggio obbligato per chi si approccia allo studio o anche alla semplice lettura del NT, che «altro non è che il racconto di una fede: una testimonianza, che vuole essere un atto d’amore per l’amato lontano del quale si attende il ritorno. Un’attesa che riempie gli spazi del silenzio con i ricordi della memoria narrati a chiunque si incontri sulla via: della bellezza dell’amato si dice a tutti, perché tutti si innamorino di lui e sostengano chi l’attende (cf. Cct 2,5). Perché non si può vivere aspettando da soli il suo ritorno»1. Chiunque si inserisce su questa stradadi scoperta e di rivelazione di Gesù, sia perché ne inaugura solennemente il ministero pubblico, sia perché vede confluire nei suoi dodici versetti buona parte della tradizione precedente, avverte l’idea del compimento: ciò che i Patriarchi, i profeti, i personaggi biblici del passato avevano atteso, adesso trova finalmente realizzazione.
1 C.RASPA, Parole dell’uomo, Parola di Dio, Catania 2021, 51-52.
Nell’approccio alla pericope delle nozze di Cana, emergono diversicontorni e diverse prospettive di lettura. Il primo approccio è quello che, basandosi sui dati della Scrittura, della tradizione e della ricerca archeologica, tenta innanzitutto di localizzare geograficamente la Cana del Vangelo secondo Giovanni. Ben tre siti tutt’oggi si contendono di essere la sede di questa città, nominata come sede dei primi due segni di Gesù (la tramutazione dell’acqua in vino e la guarigione del figlio del funzionario regio) e come città d’origine di uno dei Dodici, Natanaele.
Il secondo approccio è legato all’analisi dei contesti remoto e prossimo della pericope, per comprendere meglio quali sono i rapporti che legano le nozze di Cana a quanto precede e segue nel resoconto evangelico. Avremo così molteplici prospettive di lettura: una che collega Cana alla cosiddetta “emerologia” o “settimana inaugurale” del Vangelo secondo Giovanni, che copre i vv. 1,19 –2,12, fondata sulla scansione giornaliera dei vv. 1,29. 35. 43. 2,1. 12. È una “settimana” nella quale il mistero del Verbo incarnato, annunciato con solennità nel Prologo, viene progressivamente chiarito dalla doppia testimonianza diGiovanni Battista (1,19-34) e dalla chiamata dei primi discepoli (1,35-51). Ai “non molti giorni” che segnano il viaggio da Cana a Cafarnao (2,12), seguirà la prima salita di Gesù a Gerusalemme (2,13-25). Gesù si reca al Tempio, scaccia i venditori e proclama per la prima volta l’annuncio della sua risurrezione nell’immagine del “tempio del suo corpo” ricostruito in tre giorni. In questa pericope confluiscono due tematiche comuni con i Sinottici: la cacciata dei venditori –che essi collocano all’inizio della settimana della Passione –e l’annunzio della Passione –dai Sinottici scandito in diversi annunci prima dell’ingresso a Gerusalemme. La novità giovannea è invece la rilettura di questa vicenda in ottica prettamente pasquale, il che contribuisce a dareuna rilettura pasquale anche a Cana, soprattutto per la tematica “dell’ora”, un altro dei temi cari al QV.
Allargando l’orizzonte del contesto remoto, troveremo un riferimento al miracolo del vino in quello che viene presentato come “secondo segno” (4,54), compiuto anch’esso a Cana, sempre nella “Galilea delle genti”: Gesù guarisce il figlio di un funzionario regio e l’evangelista sottolinea il fatto che questo sia il segno “secondo” compiuto nella stessa cittadina in cui “aveva cambiato l’acqua in vino” (4,46). Infine, immagini quali “ora”, “acqua”, “fede”, “gloria”, “segno”, ci invitano ad estendere l’attenzione anche a tutto il QV, in particolare ai primi dodici capitoli, da buona parte degli esegeti chiamati “Vangelo dei segni”, anche se molti altri riferimenti –ancora “l’ora”, ma anche la presenza di Maria “madre” e “donna” o il concetto di “gloria/glorificazione” –ci porta fino alla Passione e Risurrezione.
Terza prospettiva sarà proprio l’approccio esegetico al testo, che ci permetterà di inquadrarela teologia che l’evangelista ha espresso in questa pericope, anche attraverso l’aiuto di molti spunti interpretativi di ieri come di oggi. Si volge poi lo sguardo ai Padri della Chiesa, dei quali in particolare saranno attenzionati: Giovanni Crisostomo per parte greca e Agostino per parte latina. Il commento dei Padri infatti conserva ancora la sua autorevolezza, anche se molte letture del passato vengono meno prese in considerazione rispetto ad altre che si sono imposte nel recente passato.
Infine, non meno importante sarà la prospettiva liturgica di Cana, ossia come le nozze di Cana abbiano influenzato la liturgia della Chiesa occidentale, soprattutto dopo la riforma del Concilio Vaticano II. Scopriremo così che la liturgia ci aiuta ad individuare tre sbocchi interpretativi della pericope di Cana: una cristologica, che guarda al Cristo, alla sua progressiva rivelazione e manifestazione (che la Chiesa invita a celebrare nel “triplice mistero” dell’Epifania, che lega sotto il segno della manifestazione del Signore l’adorazione dei Magi, il battesimo al Giordano e il primo miracolo a Cana); una mariologica, che sottolinea la presenza ed il ruolo di Maria nel banchetto nuziale (confluita nelle tante celebrazioni e titoli di stampo mariano); una sacramentale-ecclesiologica, nella quale vediamo come il segno di Cana abbia un riverbero per la comunità cristiana riunita nella celebrazione eucaristica e dei riti propri della Chiesa (che fa sue le immagini nuziali e del banchetto tratti dalla Scrittura).
Alla tradizione viva dell’AT, Cana è debitrice di immagini e simbolismi molteplici. Non sono pochi ipassi biblici nei quali si evidenziano le immagini del banchetto e del vino, conuna forte connotazione escatologica. Nei Profeti emergono due immagini fortemente evocative del rapporto di alleanza tra Dio e il suo popolo: la mancanza e la nuova effusione dei doni messianici. Gli autori sacri hanno infatti visto nelle vicende liete e tristi del popolo ebraico, l’azione di Dio nella storia, volta a concludere l’alleanza nuziale con il suo popolo, pronto però a denunciarne la rottura a causa del peccato, dell’idolatria, di un vero e proprio tradimento dei patti, ma sempre deciso a rinsaldare questa alleanza, sotto il segno del perdono, della misericordia e della giustizia.Se nei tempi dell’esilio, cessano i canti di gioia, viene a mancare il vino e la terra diventa una distesa desolata e senza frutti, la ricostruzione è segnata da una prosperità e fertilità mai viste prima.
I Profeti si fanno messaggeri di questa alleanza speciale che Dio propone al suo popolo, denunciano la rottura del patto a causa dell’allontanamento da Dio, annunciano la possibilità di rinnovare questa alleanza non più sotto il segno della pietra, ma nel cuore stesso dell’uomo. Il tempo ideale che essi annunciano, non è forse destinato a compiersi e realizzarsi nell’immediato, ma rimanda ai tempi della venuta del Messia, colui che ristabilirà ogni cosa e la cui venuta sarà sotto il segno di monti e colli che stilleranno ogni bene, ma anche pace e prosperità. C’è quindi la volontà divina di non chiudere totalmente la porta al cuore dell’uomo, ma di ricostituire quel rapporto speciale anche su basi nuove, per le quali servirà innanzitutto la conversione del cuore e l’adesione fedele –e non solo formale –alla Legge. Nel NT, la Nuova Alleanza viene instaurata sotto il segno del Cristo, nella sua Incarnazione, Passione e Risurrezione, che apre una novità assoluta che punta a fare “nuove tutte le cose”.
Dall’AT si“ritorna a Cana” per rileggervi direttamente ilegami con esso e, di conseguenza, aprirsi anche ai contenuti del Nuovo. Sono quattro gli aspetti sotto i quali si passain rassegna l’instaurazione della Nuova Alleanza, tutti accomunati dal motivo della “ora”. Il primo ha come punto di riferimento il tema della “festa” e fa leva su tre tempi e modi sotto i cui segni viene affermata l’Alleanza: il “terzo giorno” che mette in rapporto Cana con l’antica teofania del Sinai e la nuova teofania pasquale; il motivo delle “nozze”, sotto il cui segno si rinsalda il rapporto tra Dio e il nuovo popolo costituito dal Cristo; il motivo degli “invitati”, rappresentato dai personaggi che sono presenti alle nozze di Cana. Secondo aspetto sarà quello del “dialogo”, che della Nuova Alleanza tende a fissare i confini ed il contorno, sotto il segno del breve colloquio tra Gesù e sua madre. Parliamo di “confini” perché i vv. 3-5 possono essere riletti alla luce dei titoli con i quali viene definita Maria: “donna” e “madre”, che entrambi sottolineano il nuovo ruolo di Maria come madre e donna di questa Alleanza, resa effettiva una volta per tutte sulla croce. A questo si aggiungano anche il tema della “ora”, anch’essa tendente alla Passione, ma non solo, e al “testamento” di Maria, le cui ultime parole profumano sia dell’AT, ma sono giàvolte verso la missione del Figlio, di cui è la prima discepola.
Dal dialogo passiamo al “segno”: nelle figure dei servitori e delle idrie, dello sposo e del vino nuovo, Cana ci invita ad entrare dentro il mistero di questa Alleanza, perché la conversionedell’acqua in vino è immagine di una conversione ben più profonda: è tutta la Legge antica che tende al suo compimento, nella fiducia incondizionata dei servitori alle parole di Gesù, nelle sei idrie che passano dal contenere un’acqua utile solo alla purificazione al donare il vino del Vangelo, della Parola del Messia-Sposo presente fra gli uomini, che chiama alle nozze escatologiche l’umanità intera. Arriviamo così al momento decisivo della “gloria”: l’inizio di questo nuovo cammino è scandito sotto il motivo: del “principio dei segni”, che ha il doppio fine di essere sia programmatico che archetipo per il cammino futuro; della fede che, sull’esempio dei discepoli, guida le azioni di chi intende porsi alla sequela del Cristo; del cammino che spinge a fare dono a tutti gli uomini del “vino nuovo” del Vangelo.
Nelle nozze di Cana si scoprirà così come la Parola di Dio, che è anche parola dell’uomo, è il segno vivo della presenza di Dio che parla al cuore dell’uomo e lo stimola a lasciarsi interrogare da questa parola, per tendere all’incontro pieno con il Cristo, che chiama al banchetto nuziale ogni uomo disposto a seguirlo e a farsi incontrare da Lui.