Miryam ha un ruolo di primaria importanza tra le figure femminili della bibbia. Ella rappresenta il prototipo di ogni madre ebrea e, in un certo senso, di ogni maternità cristiana. Miryam è il fattore di possibilità di ogni speranza. È lei che prende l'iniziativa, si presenta davanti alla figlia del faraone, che aveva raccolto Mosè dalle acque, e le favorisce l'aiuto di una nutrice ebrea (Es 2,7-8). Su questo ironico ritorno del bimbo tra le braccia della sua vera madre, alla quale era stato sottratto dall'editto del faraone, viene nutrita anche la speranza della liberazione del popolo. Mosè diventerà il salvatore grazie a Miryam, salvatrice del salvatore. L'audacia e la scaltrezza di una donna diventano, dunque, promessa di salvezza per tutti.
Più in generale, parlare di femminilità nella bibbia significa toccare il cuore dell'identità ebraica. Nella tradizione rabbinica l'appartenenza religiosa passa, appunto, per via matrilineare, da madre in figlio/a. Come mai, in un mondo declinato al maschile e che usa massicciamente le genealogie patrilineari per garantire la continuità nazionale, la trasmissione delle promesse di Dio appartiene genetica-mente alla donna? Tale questione è ancora più intrigante se si pensa che, ormai da duemila anni, è venuto meno il culto templare, monopolio maschile della tribù di Levi. La ritualità domestica, che rappresenta ormai il cuore del culto del giudaismo moderno, prevede che sia la donna — per così dire, della "tribù di Miryam" — la legittima "liturga" del tempo sacro dello shabbat.
Seguendo la suggestione di una teologa americana, vorrei raccontare un “midrash moderno” su Miryam: Mosè, sul Nebo, in punto di morte, si duole profondamente per non aver pensato a qualcuno che custodisse l’identità etnica del popolo appena liberato. Dio, però, non resta insensibile e provvede personalmente a sopperire alla negligenza del grande liberatore. Così, per dono diretto di Dio (non per successione mosaica!), Miryam e tutte le madri ebraiche dopo di lei avrebbero ricevuto il compito di garantire, trasmettere e coltivare la fede esodale del popolo d'Israele. Questo dono che passa direttamente dalle mani di YHWH avrebbe comportato un grande vantaggio storico rispetto alle altre due "istituzioni" mosaiche. Infatti, il ruolo di Giosuè verrà presto reso inattuale dalla perdita d'indipendenza politica sulla Terra promessa. Allo stesso modo distrutto il tempio, viene meno anche il ruolo di Aronne. Il ruolo di Miryam e delle madri ebraiche, invece, mai potrà perdere di attualità. Il compito di Miryam, il più prezioso, consiste nel rendere “contemporaneo" il Dio del Mar Rosso, superando la precarietà storica delle istituzioni politiche e religiose, persino andando oltre le contraddizioni e le distruzioni dei secoli. Miryam avrà il compito di conservare la memoria della salvezza, quasi un fattore epigenetico, ossia quell'istinto primordiale per cui appare evidente che non ci si può salvare da soli.
Carmelo Russo, Finché c’è Miryam, c’è speranza, in Synaxis XXXVIII/2 2020.