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La luce di un estraneo sulla strada: l’invito a farci prossimi all’altro

Per indicare una luce per tutto quello che stiamo attraversando in mezzo a queste «tenebre dense che non vanno sottovalutate», l'enciclica Fratelli tutti evoca, nel cap. II, la nota parabola lucana del samaritano misericordioso (cfr. Lc 10,25-37). Il Santo Padre indica una fonte inattesa di luce nella figura di «un estraneo sulla strada». È appunto il samaritano, lo straniero ed escluso, che brilla di luce sanante perché ha «un cuore sensibile» per l'altro e decide di «avere tempo» per l'altro.

Proprio questo estraneo, nel suo comportamento responsabile, diventa una luce per rischiarare l'oscurità che ci circonda. Ci ricordiamo facilmente che nella parabola vi è un uomo aggredito, ferito, lasciato a terra lungo la strada. Diverse persone gli passano accanto, ma tutti se ne vanno via, non si fermano. Sono persone con funzioni importanti nella società. Tuttavia non sono capaci di perdere alcuni minuti per assistere il ferito o almeno per cercare l'aiuto.

Uno però si è fermato. Uno solo gli ha offerto vicinanza. Uno fra tutti lo ha curato con le sue stesse mani. Uno per tutti ha pagato per il ferito di tasca propria e si è occupato di lui fino in fondo.

Soprattutto, quello «Sconosciuto» ha dato al bisognoso abbandonato lungo la strada un qualcosa che ci manca tanto spesso in questo mondo affannato e frettoloso: ha saputo dargli il proprio tempo. Quell'uomo è stato capace di mettere tutto da parte davanti a quel ferito e lo ha considerato degno di ricevere il dono del suo tempo. «Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente», commenta Francesco, e parla certamente anche dei cristiani.

La pericope evangelica è una delle espressioni più nette e più ricche di «teologia dell'altro», dell'incontro con l'altro. La parabola parte da una domanda fondamentale: «Chi è il mio prossimo?». Non è una richiesta di definire in astratto chi è il prossimo, ma invece una domanda di definire in concreto chi, fra la gente, fra le persone, lo è e chi, invece, non lo è, cioè chi appartiene all'area dei vicini e chi invece è al di fuori di questa area. Gesù risponde con la parabola, in cui c'è un personaggio che non rientra indubbiamente nella categoria di prossimo: il samaritano. Ora, il rapporto che proprio il samaritano instaura, l'incontro con il «mezzo morto», è l'incontro con qualcuno irriducibile al suo mondo, è l'incontro, davvero, con un «altro», nel senso forte e pieno del termine.

Gesù conclude la parabola, facendo, a sua volta, una domanda all'esperto della Legge e la domanda è, in fondo, quella che contiene il vero messaggio della parabola, perché, così come dietro la domanda del dottore c'era il presupposto che il mondo si divide in due (i vicini e i lontani, i prossimi e gli altri), così nella domanda di Gesù c'è un presupposto che scalza il precedente. Gesù chiede: «Chi dei tre che sono passati, si è fatto prossimo?». Per Gesù il mondo si divide in coloro che si fanno vicini agli altri e coloro che si rifiutano di farsi vicini. Allora la categoria di prossimo passa da categoria che divide gli uomini in due, ad essere, invece, la possibilità radicale della nostra esistenza: noi possiamo farci prossimi o possiamo negarci a farci prossimi. La coscienza del samaritano sceglie il bivio della prossimità attiva, che è il farsi prossimo, invece che dell’indifferenza".

Vittorio Rocca, La luce di un estraneo sulla strada. Un’etica della responsabilità, in Synaxis XXXIX/1 2021.

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